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Articolo inserito in data 19/08/2009 16:50:24
Manuale di speleologia
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MANUALE - 2.1 Le grotte: nascita

Questo piccolo manuale di speleologia è pubblicato in Alpinia.net - Cose di montagna. Puoi leggerlo, stamparlo, ignorarlo o consigliarlo a un amico, ma ricorda che "tutti i diritti su testo e immagini sono riservati".

Manuale - 2.1 Le grotte: nascita

Le grotte nascono, crescono, maturano, muoiono, spesso vengono uccise.
Se vogliamo trovare un punto di partenza dobbiamo risalire più o meno al Mesozoico, fra i 225 e i 65 milioni di anni fa; dobbiamo poi focalizzare l'attenzione sulle rocce carbonatiche che ebbero origine in quel periodo in fondo al mare in seguito alla sedimentazione di un immenso quantitativo di gusci e scheletri appartenuti a microrganismi come i foraminiferi o prodotti sotto forma di barriera corallina da fenomenali polipetti.

Individuato il miscuglio magico che questi operosi animaletti depositarono (lo stanno facendo tuttora), proviamo a esaminarlo: si tratta di strati composti principalmente di carbonati di calcio e magnesio, separati da interstrati in genere argillosi.
Occorrerà attendere che l'azione di fattori chimici e fisici trasformi il tutto nelle poderose rocce, a scelta calcare o dolomia, nelle quali un enorme tot di anni dopo nascerà il maggior numero di grotte. E sarà necessario aspettare che le immense forze che alla perenne ricerca di equilibrio si contrastano all'interno e sulla crosta del nostro pianeta, si impegnino a sollevare tali rocce e farle emergere dalle profondità oceaniche.
Ancora non ci siamo; potremmo infatti trovarci di fronte a piani di strato troppo compatti, difficili, se non impossibili, da penetrare. Servono fratture ortogonali a questi, vere e proprie grotte tettoniche che fungano da punto di debolezza in grado di innescare la formazione di quelle carsiche (rappresenterebbero preziose corsie preferenziali capaci di convogliare grandi volumi di acqua nel sottosuolo).

Visto quanto abbiamo atteso fino ad ora e quali forze sono state coinvolte, quest'ultimo problema non sembra particolarmente complesso: la crosta si agita, si muove, schiaccia, si comprime, si dilata e le indispensabili fratture, che distinguiamo in faglie se le pareti a contatto sono state costrette a scivolare lungo il piano di frattura, e diaclasi se ciò non è avvenuto, compaiono numerosissime e puntuali nelle deformazioni prodotte dai corrugamenti (piegamenti degli strati).
Diventa necessario un chiarimento: viene definito carsismo il processo di corrosione tramite il quale le acque meteoriche e di penetrazione dissolvono alcuni tipi di rocce dando luogo a fenomeni caratteristici in ambienti esterni e sotterranei (campi solcati, doline, inghiottitoi, concrezioni).

"Monte Tiscali: erosione superficiale su rocce calcaree (Supramonte - Nuoro)"

 

Il termine deriva dal Carso, un'area di interesse e bellezza eccezionali che si estende fra Trieste e la Slovenia e dove per la prima volta tali fenomeni sono stati studiati sistematicamente.
Sono quindi definite carsificabili le rocce che possono subire questo processo; le più importanti sono quelle di cui stiamo parlando, le carbonatiche, ossia calcari e dolomie, poco solubili, ma disposte a diventarlo nel caso il solvente acqua contenga anidride carbonica. Come procurarsela? Facile: assorbendola dall'aria e dai terreni ricchi di sostanze organiche in decomposizione.
Concedetemi una divagazione da chimico represso:

CO2  +  H2O  +  CaCO3  -->  Ca2+  +  2HCO3

Significa che il gas anidride permette al liquido acqua di portare in soluzione il solido carbonato: dalle tre molecole iniziali otteniamo 3 ioni (1 catione calcio, bivalente, e 2 anioni bicarbonato, monovalenti) che restano disciolti e partono per lidi lontani.
Subiscono processi analoghi i gessi, caratterizzati fra l'altro da una solubilità decisamente maggiore anche in assenza di anidride carbonica, e i marmi.

Riassumendo una grotta nasce se ci troviamo in un particolare tipo di roccia, alla presenza di fratture e se possiamo contare sull'azione dell'acqua. Ci vuole poi una pazienza divina: il tempo per formare la materia prima si misura in decine, centinaia di milioni di anni, e quello per crearvi i sistemi ipogei sulle dita di una mano in milioni di anni (i nostri pertugi oscuri sono nettamente più giovani delle montagne che li nascondono).
L'acqua penetra sottoterra e inizia a lavorare. Come si deduce da quanto detto sopra le grotte risultano quasi sempre impostate su fratture originarie, la qual cosa facilita sia la loro ricerca sia l'individuazione di loro prosecuzioni.
Si distingue una prima fase: ogni fessura è una via utile e la montagna diventa una vera e propria spugna intrisa d'acqua. Questa occupa tutti gli spazi vuoti, si muove, si unisce e separa mille volte, e scende fino a trovare uno strato impermeabile lungo il quale scivola; presto o tardi riaffiorerà in una sorgente.

"Risorgente di su Gologone: esplorata fino a 104 m di profondità, ha una portata di 300 l /sec (Supramonte - Nuoro)"

 

Lo scorrimento è molto lento, in pressione. Una tale condizione favorisce il dissolvimento della roccia: i fenomeni interessati sono di tipo meccanico (erosione) e soprattutto chimico (dissoluzione dei carbonati), e si rivelano efficaci in ogni direzione (tanto nel soffitto, quanto nelle pareti laterali e nel pavimento). Ne consegue la trasformazione della ragnatela di fratture in una rete di gallerie freatiche dalla caratteristica sezione circolare; queste possono salire e scendere più volte nel cuore della montagna, intrecciarsi liberamente e creare inquietanti labirinti.
Una prima fase, quindi, in cui la grotta già esiste, si sviluppa in spazi enormi, è viva, ma non praticabile perché in gran parte allagata o resa umanamente improponibile dalla presenza di strettissime fessure, in parole povere perché troppo giovane.

 

Capitolo precedente:

1. Cos'è la speleologia

Capitoli successivi:

2.2 Le grotte: evoluzione e morte
3. Le grotte: una classificazione

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